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Nevole di Ortona

La nevola, da non confondere con la neola (la pizzella o ferratella) è una preparazione tipica di Ortona: una friabile cialda arrotolata a forma di cono realizzata con il mosto cotto e farcita a piacimento con confettura d’uva o crema pasticcera. È realizzata con l’ausilio dei “ferri a pressa”, due placche unite con una cerniera e un tempo forgiate con l’incisione dello stemma del casato o le iniziali del proprietario.

AREA DI PRODUZIONE
Ortona in provincia di Chieti.

INGREDIENTI
Mosto cotto, olio evo, acqua, farina ’00, scorza di arancia, anice, cannella.

PROCESSO PRODUTTIVO
In un pentolino si uniscono mosto cotto, olio extravergine d’oliva e mezzo bicchiere d’acqua. Si porta il tutto ad ebollizione e si incorpora alla farina. Quindi si aggiungono la scorza d’arancia, l’anice e la cannella, e il composto viene lavorato e amalgamato per bene; una volta pronto si lascia riposare per qualche minuto. A questo punto con la pasta si vanno a formare dalle palline omogenee di circa 2-3 cm di diametro che si dispongono al centro del ferro, precedentemente riscaldato, si chiude e si lascia cuocere per circa trenta secondi su un lato, e poi sull’altro. Prima di aprire il ferro, si pressa leggermente lasciando gonfiare la nevola che viene tolta dal fuoco e compressa per far uscire l’aria. La si apre in due e la cialda ottenuta viene arrotolata fino ad ottenere un cono.

PROFILO SENSORIALE
Friabile e fragrante, ha sapore tipico con richiami al mosto cotto e una leggera nota di arancia e cannella con una vivace punta di anice.

ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ
Secondo la tradizione orale, la storia della nevola risalirebbe al XIII-XIV secolo e la sua “maternità” sarebbe da attribuire a un gruppo di suore di Ortona che diedero forma e sostanza a questo dolce utilizzando il “ferro” delle ostie.   
L’origine della nevola sembra essere “popolare”, sarebbero gli stessi ingredienti, reperibili sul territorio, a confermarlo: mosto cotto, farina, olio extravergine d’oliva e scorza di arancia.
Il mosto cotto, realizzato con l’uva pergolone (vitigno pregiato risalente al XIII sec.) è un nettare dolce che si ottiene facendo bollire a lungo, a fuoco lento e in paioli di rame, il mosto d’uva. Un tempo rappresentava un “dolcificante” che sostituiva il più raro e costoso zucchero.
Il grano, in special modo la varietà Senatore Cappelli, era molto diffuso sul territorio, mentre
l’arancia utilizzata era quella selvatica, conosciuta come cetrangolo: una varietà amara presente sulla costa dei trabocchi sin dal XVII secolo.  
L’anice, insieme alla più esotica cannella (unico ingrediente “importato”), è  più “recente”, ed è aggiunto per rievocare il sapore che il “finocchiastro” (finocchio selvatico), un tempo usato per mescolare il mosto cotto, conferiva a quest’ultimo.  

IN CUCINA/ABBINAMENTI
Apprezzato come dessert a fine pasto o in qualsiasi occasione.

ACCREDITAMENTI
Assente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione.

[Crediti | Foto di Carmelita Cianci – visitterredeitrabocchi.it]