Skip links

Prodotti da forno dolci

Bocconotto di Castel Frentano
Bocconotto di Castel Frentano

Bocconotto di Castel Frentano

Il bocconotto, conosciuto localmente come “castellino”, è un dolce tipico di Castel Frentano diffuso anche nei territori circostanti con alcune varianti legate alle ricette gelosamente custodite e tramandate in ogni famiglia. Si presenta come un pasticcino di pasta frolla a forma di tronco di cono rovesciato, farcito con un morbido ripieno di mandorle, cioccolato fondente e cannella.È il risultato di un felice connubio tra ingredienti di origine locale, come l’olio extravergine di oliva, la farina, le uova e le mandorle, e più esotici come la cannella e il cioccolato fondente.  AREA DI PRODUZIONECastel Frentano, Lanciano in provincia di Chieti.  INGREDIENTIFarina ’00, tuorli d’uovo, scorza di limone, olio evo, cioccolato fondente, mandorle, cannella. PROCESSO PRODUTTIVOIl ripieno è preparato con acqua, cioccolato fondente, zucchero, tuorli d’uovo, mandorle tostate e tritate, cannella. La pasta frolla è realizzata con tuorli  d’uovo, zucchero, olio extravergine d’oliva, farina e scorza di limone. Con l’impasto ottenuto si creano dei piccoli dischi e si rivestono degli stampini precedentemente unti con lo strutto. E’ importante far aderire bene la pasta, quindi si aggiunge il ripieno di cioccolato e si ricopre la farcitura con un altro dischetto. Le formine, disposte in una capiente teglia, vengono infornate a 180° e i bocconotti saranno pronti dopo 20-30 minuti,  quando la loro superficie esterna risulterà dorata. PROFILO SENSORIALELa pasta frolla che costituisce l’involucro esterno del dolce è soffice e delicata, il sapore del ripieno ricco e intenso con caratteristiche note speziate. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀRealizzato con olio extravergine d’oliva, farina, zucchero, mandorle, uova e cioccolato, “lu buccunotte”, opportunamente sistemato nel tipico stampo di rame stagnato, veniva un tempo cotto sulla pietra del focolare o nell’unico forno del paese, dove le signore si recavano con le teglie adagiate sulla testa, per cuocere quelli che erano considerati “i dolci della festa”.Non ci sono fonti attendibili riguardo la sua origine, secondo la tradizione popolare il bocconotto nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’‘800, quando in Europa si diffuse il cacao. Ovviamente ai tempi, il dolce era prerogativa ed esclusivo privilegio dei ceti più abbienti, e diverse ricette ottocentesche sono state rinvenute proprio presso le antiche abitazioni signorili di Castel Frentano, tuttavia ad oggi non abbiamo alcuna informazione riguardo la provenienza del bocconotto.Sul fronte “etimologico”, si azzarda che il termine possa derivare dalla parola boccone, quasi ad indicare che in tempi passati questo dolce, più piccolo per dimensioni, si prestasse per essere mangiato in una sola volta, in un sol boccone appunto, ma anche questa è una supposizione.Invece sappiamo con certezza che il termine “bocconotto” viene menzionato per la prima volta nel “Dizionario abruzzese” del 1930 di Domenico Bielli, con la seguente dicitura: “buccunotte: pasticcino di forma rotonda con ripieno di miele, crema, cioccolata, panna montata o altro”. IN CUCINA/ABBINAMENTIApprezzato come dolce a fine pasto. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto

Calcionetti
Calcionetti o caggionetti

Calcionetti o caggionetti

I caggionetti o calcionetti, in dialetto locale anche “caggiunitt’”, sono dolci tipici del periodo invernale e natalizio. Si presentano con una forma simile ai ravioli, fragranti fagottini fritti ripieni con una farcitura che varia da zona a zona. Si va dal ripieno con la “scrucchiata” ovvero la confettura d’uva, a quello rustico con i ceci, fino al più delicato di mandorle e miele. AREA DI PRODUZIONETutta la regione, in particolare la provincia di Teramo e quella di Chieti. INGREDIENTISul territorio abruzzese sono presenti diverse varianti. Diffusi nel chietino in particolare quelli con i ceci o con mandorle e miele.    Gli ingredienti per la sfoglia prevedono uova (facoltative), zucchero, olio evo, vino bianco secco, farina di tipo ’00. Per il ripieno, mandorle tostate e miele millefiori mentre per la versione con i ceci, sono contemplati anche cacao amaro, miele, mosto cotto, buccia grattugiata d’arancia e cannella. PROCESSO PRODUTTIVOI ceci, precedentemente messi in ammollo, vanno lessati e passati. Quindi si aggiungono cacao amaro, miele, mosto cotto, buccia d’arancia grattugiata e cannella. Si mescola il tutto e si lascia riposare il composto per qualche ora. Per il ripieno della versione con mandorle e miele, invece, si lessano le mandorle, si spellano, si tostano e infine si tritano finemente. Quindi si aggiunge il miele, precedentemente sciolto a bagnomaria, e si amalgama per bene il tutto. Si lascia riposare per qualche ora. Per la sfoglia, su una spianatoia si versa a fontana la farina e si aggiungono in successione  zucchero, uova, olio evo e vino. Si lavora e si lascia riposare l’impasto per almeno una quindicina di minuti. Quindi si procede tirando più volte la sfoglia con l’ausilio di un mattarello o una macchinetta. Si ricavano così delle strisce dove posizionare il ripieno. Si richiude le sfoglia su se stessa, e con l’ausilio di una rotella, si taglia la pasta ottenendo dei fagottini a forma di mezzaluna. Infine si frigge in abbondante olio di semi bollente.A fine cottura la superficie dei calcionetti di ceci viene solitamente spolverata con semplice zucchero semolato, mentre quelli di mandorle e miele con zucchero a velo. PROFILO SENSORIALELa sfoglia è fragrante, ha una consistenza croccante e friabile. Nella versione con i ceci il sapore è pieno, corposo, rustico. In quella con mandorle e miele, più gentile e delicato. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    I calcionetti, insieme alle scrippelle o torcinelli, rappresentano una classica preparazione del periodo natalizio, soprattutto nel chietino.Una versione molto popolare, ma diffusa nel teramano, è quella con il ripieno di castagne che include tra gli ingredienti anche ilmiele, lo zucchero, il cedro, il cioccolato, le mandorle, il rum, la buccia di limone grattugiata e la cannella. IN CUCINA/ABBINAMENTIClassico dolce del periodo natalizio, si può gustare a fine pasto o quando si preferisce. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto

Celli pieni
Celli pieni

Celli pieni

I celli pieni sono fragranti tarallucci di sfoglia croccante realizzati con vino e olio e farciti con mandorle e confettura d’uva. Apprezzati in tutta la regione, per forma ricordano un uccelletto, versione oggi meno diffusa, mentre è più comune quella di un tortellone o di un taralluccio. AREA DI PRODUZIONETutta la regione. In provincia di Chieti sono particolarmente diffusi nel vastese, nell’area frentana e a San Vito Chietino. INGREDIENTIPer la sfoglia: farina ‘00, vino bianco secco (Trebbiano), olio extravergine d’oliva, limone grattugiato e zucchero. Per il ripieno: confettura d’uva, mandorle tostate, cacao amaro, mosto cotto. PROCESSO PRODUTTIVOPer il ripieno, è necessario incorporareallaconfettura d’uva, mandorle tostate, cacao amaro e mosto cotto. Il composto deve riposare qualche ora. Per la sfoglia si realizza un impasto con farina ‘00, vino bianco, olio extravergine d’oliva, limone grattugiato e zucchero. Una volta pronta, si tira la pasta con l’ausilio di un mattarello o una macchinetta. Si ricavano così delle strisce larghe sulle quali si adagia il ripieno. Quindi si chiude la sfoglia, schiacciando bene i bordi, si taglia la pasta con l’aiuto di una rotella e si ottiene una mezzaluna. Si uniscono le estremità e si immerge il taralluccio ottenuto nello zucchero semolato, così da ricoprire tutta la superficie da un lato. Infine si inforna a 180°C per 15/20 minuti, fino a quando i celli pieni non risulteranno dorati. PROFILO SENSORIALELa sfoglia si presenta croccante e fragrante, al palato il ripieno è intenso, si sentono la mandorla e la confettura d’uva, sul finale si avverte una leggera e piacevole nota aspra. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Le versioni di celli pieni presenti sul territorio regionale sono tante e ogni paese ha la sua variante che si caratterizza per forma e dimensioni del formato, per l’utilizzo o meno delle uova nell’impasto o delle confetture miste nel ripieno, insieme all’irrinunciabile ragnata.A San Vito Chietino, i “celli pieni”, sono un vero must e rappresentano da sempre un dolce natalizio che in un’epoca non troppo lontana veniva preparato da ogni famiglia in occasione del matrimonio della figlia: se ne riempivano canestri che accompagnavano la ragazza che lasciava, sposandosi, il nido familiare per costruirne uno nuovo da riempire, da qui il nome celli pieni. IN CUCINA/ABBINAMENTISi può gustare a fine pasto o in qualunque occasione conviviale. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto

Cicerchiata
Cicerchiata

Cicerchiata

La cicerchiata è l’emblema del carnevale abruzzese: croccanti dadini dorati di pasta fritta (le “cicerchie”, perché ricordano nella forma questa varietà di legume diffusa nel Centro Italia) assemblati con il miele.  Solitamente si è soliti dare a questo dolce la forma di una ciambella, ma è diffusa anche la porzione singola a forma di piccolo cumulo, mentre la superficie viene decorata con mandorle tostate e tritate o confettini colorati.   AREA DI PRODUZIONETutta la regione, in particolare l’area del Sangro Aventino in provincia di Chieti.       INGREDIENTIL’impasto per i dadini è realizzato con farina, olio evo, zucchero, uova. Per assemblare i dadini, miele e zucchero. Per la decorazione, mandorle pelate e codette colorate. PROCESSO PRODUTTIVOSi prepara l’impasto con farina, uova, zucchero e olio extravergine d’oliva. La pasta viene tagliata in piccole dosi, si formano dei cordoni e da questi si ottengono dei dadini dello spessore di circa un centimetro. Si procede con la  frittura in abbondante olio bollente: i dadini devono  risultare ben dorati. Quindi si fa sciogliere e caramellare, in una capiente pentola, il miele insieme allo zucchero e, quando risulterà ben fluido, lo si andrà ad aggiungere ai dadini e alle mandorle precedentemente pelate. È importante mescolare per bene e fare amalgamare il composto, che una volta pronto ovvero quando risulterà ben legato, viene versato su un piatto da portata o un vassoio e, con le mani bagnate, modellato così da dare forma alla cicerchiata. L’ultimo passaggio è quello della decorazione con le codette colorate. PROFILO SENSORIALEAl taglio la cicerchiata mette in bella mostra tutta la sua friabilità e la fragranza del miele. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀLa preparazione della cicerchiata ha una lunga tradizione in tutta la regione soprattutto nell’area del Sangro Aventino dove l’apicoltura ha fatto storia.La somiglianza con gli struffoli napoletani è notevole, tuttavia vi sono delle differenze nelle dimensioni dei dadini, che per il dolce partenopeo sono più grandi e nella ricorrenza eletta per la preparazione che a Napoli coincide con il Natale. IN CUCINA/ABBINAMENTIÈ il dolce tipico del Carnevale abruzzese. Si può gustare a fine pasto o in qualsiasi occasione. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto

Fiadone dolce
Fiadone dolce

Fiadone dolce

Diffuso nell’entroterra abruzzese, e declinato in tante versioni, il fiadone dolce è realizzato con pasta semi-frolla e una farcitura a base di formaggio fresco o ricotta e uova.Il connubio tra la delicatezza della pasta dell’involucro esterno del dolce, e il sapore più deciso della farcitura interna, rendono il fiadone una preparazione apprezzata anche oltre i confini regionali.Insieme alla versione salata, rappresenta da sempre una preparazione del rito pasquale. AREA DI PRODUZIONETutta la regione, in particolare l’entroterra. INGREDIENTIUova, formaggio e/o ricotta, farina ‘00, olio evo, zucchero. PROCESSO PRODUTTIVOSi prepara una sfoglia (farina, uova e olio evo) con la quale si riveste uno stampo. Quindi si aggiunge il ripieno, realizzato con uova e formaggio e/o ricotta, che viene in parte ricoperto dalla sfoglia strabordante e dalla pasta avanzata ridotta in striscioline e posizionata sulla superficie così da formare dei rombi o delle croci. Si inforna a 180°C per circa un’ora. PROFILO SENSORIALEÈ umido, dalla consistenza spugnosa e gusto delicato. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Diffuso particolarmente nell’entroterra montano abruzzese, il fiadone dolce presenta differenze peculiari da zona a zona. A Gessopalena, in provincia di Chieti, il ripieno ha una consistenza particolarmente granulosa, ed è realizzato con il formaggio fresco “macciocco” amalgamato con uova e aromi naturali.Il fiadone dolce, insieme a quello salato, rappresenta una preparazione del rito pasquale (scambiato come dono tra le famiglie), anche se oggi è reperibile durante tutto l’anno in buona parte dei forni locali. IN CUCINA/ABBINAMENTIApprezzato come dolce a fine pasto, soprattutto nel periodo pasquale. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto

Nevole
Nevole di Ortona

Nevole di Ortona

La nevola, da non confondere con la neola (la pizzella o ferratella) è una preparazione tipica di Ortona: una friabile cialda arrotolata a forma di cono realizzata con il mosto cotto e farcita a piacimento con confettura d’uva o crema pasticcera. È realizzata con l’ausilio dei “ferri a pressa”, due placche unite con una cerniera e un tempo forgiate con l’incisione dello stemma del casato o le iniziali del proprietario. AREA DI PRODUZIONEOrtona in provincia di Chieti. INGREDIENTIMosto cotto, olio evo, acqua, farina ’00, scorza di arancia, anice, cannella. PROCESSO PRODUTTIVOIn un pentolino si uniscono mosto cotto, olio extravergine d’oliva e mezzo bicchiere d’acqua. Si porta il tutto ad ebollizione e si incorpora alla farina. Quindi si aggiungono la scorza d’arancia, l’anice e la cannella, e il composto viene lavorato e amalgamato per bene; una volta pronto si lascia riposare per qualche minuto. A questo punto con la pasta si vanno a formare dalle palline omogenee di circa 2-3 cm di diametro che si dispongono al centro del ferro, precedentemente riscaldato, si chiude e si lascia cuocere per circa trenta secondi su un lato, e poi sull’altro. Prima di aprire il ferro, si pressa leggermente lasciando gonfiare la nevola che viene tolta dal fuoco e compressa per far uscire l’aria. La si apre in due e la cialda ottenuta viene arrotolata fino ad ottenere un cono. PROFILO SENSORIALEFriabile e fragrante, ha sapore tipico con richiami al mosto cotto e una leggera nota di arancia e cannella con una vivace punta di anice. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀSecondo la tradizione orale, la storia della nevola risalirebbe al XIII-XIV secolo e la sua “maternità” sarebbe da attribuire a un gruppo di suore di Ortona che diedero forma e sostanza a questo dolce utilizzando il “ferro” delle ostie.   L’origine della nevola sembra essere “popolare”, sarebbero gli stessi ingredienti, reperibili sul territorio, a confermarlo: mosto cotto, farina, olio extravergine d’oliva e scorza di arancia.Il mosto cotto, realizzato con l’uva pergolone (vitigno pregiato risalente al XIII sec.) è un nettare dolce che si ottiene facendo bollire a lungo, a fuoco lento e in paioli di rame, il mosto d’uva. Un tempo rappresentava un “dolcificante” che sostituiva il più raro e costoso zucchero.Il grano, in special modo la varietà Senatore Cappelli, era molto diffuso sul territorio, mentrel’arancia utilizzata era quella selvatica, conosciuta come cetrangolo: una varietà amara presente sulla costa dei trabocchi sin dal XVII secolo.  L’anice, insieme alla più esotica cannella (unico ingrediente “importato”), è  più “recente”, ed è aggiunto per rievocare il sapore che il “finocchiastro” (finocchio selvatico), un tempo usato per mescolare il mosto cotto, conferiva a quest’ultimo.   IN CUCINA/ABBINAMENTIApprezzato come dessert a fine pasto o in qualsiasi occasione. ACCREDITAMENTI Assente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto di Carmelita Cianci

Pasticci di Rapino
Pasticci di Rapino

Pasticci di Rapino

I pasticci sono dolci da forno ripieni caratteristici di Rapino, borgo del versante nord orientale della Maiella, tradizionalmente serviti durante le cerimonie e le feste. Hanno forma tronco conica, con un involucro di pasta frolla farcita con una crema a base di cioccolato fondente, limone, un trito di mandorle tostate e cannella AREA DI PRODUZIONERapino, in provincia di Chieti. INGREDIENTIFarina tipo “00”, tuorlo d’uovo, zucchero, strutto.Per il ripieno: cioccolato fondente, limone, mandorle tostate, cannella in polvere. PROCESSO PRODUTTIVOImpastati gli ingredienti per la sfoglia, si foderano gli stampi e si inserisce il ripieno realizzato con cioccolato fondente, limone, mandorle tostate e cannella in polvere.  I pasticci vengono infornati e cotti a 180-200°C per circa 15/20 minuti. PROFILO SENSORIALEI pasticci hanno forma di tartelletta, la pasta frolla è fragrante, il sapore è pieno, intenso, sono predominanti il cioccolato e la mandorla con note di cannella. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀI pasticci di Rapino sono un dolce delle feste prettamente casalingo. Si possono reperire anche in alcuni forni locali. IN CUCINA/ABBINAMENTISi può gustare a fine pasto o in qualsiasi occasione. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di

Pizza dolce
Pizza dolce

Pizza dolce

La pizza dolce o pizza dogge è una torta di Pan di Spagna farcita con strati di crema pasticcera e cioccolato, diffusa su tutto il territorio regionale. È il dolce delle feste per eccellenza, protagonista indiscussa di ogni cerimonia abruzzese che si rispetti. AREA DI PRODUZIONETutta la regione. INGREDIENTIPan di Spagna: uova, farina e zucchero.Crema pasticcera: uova, latte, zucchero, farina.Crema pasticcera al cioccolato: uova, latte, zucchero, farina, cioccolato fondente. PROCESSO PRODUTTIVOSi lavorano i tuorli con lo zucchero, quindi si incorpora agli albumi montati a neve. Viene aggiunta la farina e quando tutto è ben amalgamato, si versa l’impasto in una teglia (imburrata e infarinata), e si inforna a 180°C per 30-40 minuti. Una volta pronto, il Pan di Spagna viene tagliato orizzontalmente in tre precisi tagli orizzontali, sezionato in quattro dischi. Ciascun disco, viene “bagnato” con una diversa miscela liquorosa (rum, alchermes, caffè, maraschino o altri liquori a piacimento) diluita con acqua e zucchero. A questo punto si procede con la farcitura delle creme, precedentemente preparate. Sopra ciascun disco, a partire da quello di base, si stende uno strato di crema diversa: crema pasticciera, crema al cioccolato fondente, e così via. L’ultimo disco viene ricoperto con panna montata, o con una glassa di zucchero bianco, sulla quale si possono comporre decorazioni con creme, confetti colorati, granelle dolci, o altro. PROFILO SENSORIALEIl Pan di Spagna si presenta soffice e fragrante, il sapore è delicato e caratteristico con leggere note liquorose che richiamano l’alchermes.  ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀLa tradizione della pizza dolce, è menzionata nel 1966 da Nice Cortelli Lucrezi nel suo libro Le ricette della Nonna (Ed. C.E.T.I., Teramo 1966), attestata dalla pubblicazione di Rino Faranda Gastronomia teramana (Ed. Tercas, Teramo 1978) e da Rosita D’Antonio in Raccolta di ricette tradizionali teramane (La Nuova Editrice, Teramo). IN CUCINA/ABBINAMENTIÈ il dolce prediletto delle feste, lo si può apprezzare come dessert. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto di Ivan Di

Pizzelle
Pizzelle o ferratelle

Pizzelle o ferratelle

Diffuse in tutta la regione, sono conosciute anche come ferratelle, cancellate, catarrette e neole.L’appellativo cambia da zona a zona, così come le sue varianti che riguardano soprattutto la consistenza dell’impasto e gli ingredienti utilizzati per aromatizzare.Si tratta di una cialda cotta in un “ferro” appena incavato e a doppia piastra, che “imprime” una caratteristica forma, solitamente rettangolare, tondeggiante o a ventaglio, contrassegnata dalla forgiatura in rilievo con la tipica trama a rombi o cancello.    AREA DI PRODUZIONETutta la regione.  INGREDIENTIFarina, uova, olio evo, zucchero, buccia di limone grattugiata. PROCESSO PRODUTTIVOPer la preparazione dell’impasto si lavorano, con l’aiuto di una frusta, le uova con lo zucchero.Si aggiungono, in successione, olio evo, la buccia di limone grattugiata, e infine, un po’ alla volta la farina. Lasciato riposare per qualche minuto, l’impasto si dispone al centro del ferro, già oliato e sufficientemente riscaldato, quindi si chiude la piastra e si lascia cuocere per qualche secondo, prima su un lato e poi sull’altro. Consuetudine vuole che le tempistiche di cottura delle pizzelle siano le stesse necessarie per recitare un “Ave Maria” da un lato e un “Pater Nostro” dall’altro.Le pizzelle saranno pronte quando avranno raggiunto un bel colorito dorato. PROFILO SENSORIALELa consistenza varia in base alla preparazione; la versione “dura” (realizzata con più farina) risulterà croccante, quella morbida, invece, decisamente soffice.L’aroma è fragrante, il sapore delicato e tipico con leggere note di limone. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀSulle origini del dolce, non ci sono fonti certe e attendibili, tuttavia la tradizione di forgiare i ferri con l’incisione dello stemma del casato o le iniziali del proprietario insieme alla data di fabbricazione, ci fa pensare che già alla fine del ‘700, “lu ferre”, portato solitamente in dote dalla sposa, era diffuso in buona parte delle famiglie abruzzesi.   IN CUCINA/ABBINAMENTISi possono gustare a fine pasto o in qualsiasi occasione, da sole o farcite con la confettura d’uva, crema pasticcera o miele. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto

Serpentone
Serpentone

Serpentone

Tipico di Fara Filiorum Petri, il serpentone (localmente “lu serpendone”) è un’antica preparazione che prende il nome dalla sua forma che ricorda appunto quella di un serpente arrotolato su se stesso. Ne esistono due varianti: la prima dalla superficie chiara ricoperta da una glassa di albume e zucchero, e la seconda più scura con cioccolato.  AREA DI PRODUZIONEIl borgo di Fara Filiorum Petri in provincia di Chieti. INGREDIENTIGli ingredienti utilizzati sono gli stessi per entrambe le versioni: uova, farina, olio extravergine di oliva, vino bianco e zucchero per realizzare l’impasto esterno che oggi non è più farcito col sanguinaccio ma con la confettura d’uva, cioccolato, noci, mandorle, mosto cotto, buccia di agrumi e aromi naturali. PROCESSO PRODUTTIVOLa lavorazione avviene impastando gli ingredienti per la pasta frolla dell’involucro e realizzando a parte la farcitura; la pasta frolla viene poi stesa, ricoperta con uno strato di ripieno, arrotolata a formare il serpente e cotta in forno.  Si conserva per diversi giorni, senza perdere la sua fragranza. PROFILO SENSORIALE           Tagliando a fette il dolce, se ne osserva lo strato esterno simile a una pasta frolla molto tenera, farcita col ripieno dalla consistenza morbida e molto profumata. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀA Fara Filiorum Petri la preparazione del serpentone cadeva in coincidenza della “maialatura” ovvero la macellazione del maiale; infatti per la farcitura del dolce un tempo era utilizzato  il sanguinaccio.            Ancora oggi, è preparato in occasione della festa di Sant’Antonio, il 17 gennaio. La notte precedente a Fara vengono accese le famose “farchie”: altissimi fasci di canne realizzati dalle diverse contrade e lasciati ardere tutta la notte in memoria del miracolo del santo che salvò il paese dall’assedio francese nel 1799. IN CUCINA/ABBINAMENTIDolce preparato nel periodo invernale, in particolare durante la Festa di Sant’Antonio. Si può apprezzare a fine pasto. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto di Marianna