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Conserve e vegetali

Carciofo di Cupello
Carciofo di Cupello

Carciofo di Cupello

Il Carciofo di Cupello, conosciuto anche come “mazzaferrata” perché la sua forma ricorda l’antica arma medievale, è un ecotipo locale che deriva dal Campagnano, varietà di carciofo Romano a ciclo tardivo che raggiunge la maturazione ideale tra la fine di marzo e aprile.Verde di fondo con sfumature più o meno intense di violetto, è inerme in quanto privo di spine, è panciuto e tondeggiante con la forma leggermente più allungata del romanesco, e presenta il tipico foro all’apice.  AREA DI PRODUZIONEProvincia di Chieti, in particolare nella zona collinare del Vastese nei comuni di Cupello, dove si produce la maggior parte del prodotto, Monteodorisio, Lentella, Furci, San Salvo e, in piccola parte, Vasto.          STAGIONALITÀ  La sua coltivazione avviene in terreni profondi, freschi e ben drenati e il carciofo raggiunge la maturazione ideale tra la fine di marzo e aprile.Oltre al capolino principale, le piante, intorno ai mesi di aprile e maggio, producono i carciofini, capolini più piccoli utilizzati generalmente per la preparazione di conserve o artigianalmente conservati in olio extravergine di oliva. PROFILO SENSORIALEAl palato ha una consistenza tenera e carnosa,  un sapore deciso e pronunciato con un caratteristico retrogusto dolciastro. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Si ha testimonianza del carciofo di Cupello già dal XVI secolo. Nel suo diario “Viaggi in Abruzzo” (1575), il padre domenicano Serafino Razzi racconta di una zona florida e di un prodotto che cresceva nelle campagne e negli orti familiari, il carciofo selvatico.Lorenzo Giustiniani nel “Dizionario geografico – ragionato del regno di Napoli” del 1797, racconta di un territorio fertile e gentile in cui tutti erano “addetti all’agricoltura” e il carciofo destinato al consumo familiare; negli anni il carciofo, sempre più diffuso e finisce anche sui banchi del mercato di Lanciano (XVIII secolo).Nell’immediato dopoguerra, in un periodo sempre più votato alle colture cerealicole, si avvertì la necessità di una vera e propria rivoluzione agricola e, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, a una coltivazione estensiva si preferì una coltivazione intensiva. Fu introdotta così la varietà Mazzaferrata, ecotipo Cynara Scolymus L.ssp che, coltivato sempre con maggiore attenzione, spinse gli agricoltori di Cupello, nel 1961, a riunirsi in una Cooperativa con lo scopo di commercializzare il prodotto e allargarne i confini. IN CUCINA/ABBINAMENTIIl carciofo di Cupello è molto versatile in cucina, ma dà il meglio di sé ripieno, mentre i “carciofini” sono conservati anche sott’olio. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. APPROFONDIMENTIwww.carciofodicupello.it [Crediti | Foto di Scuola del Gusto

Cipolla di Fara Filiorum Petri
Cipolla di Fara Filiorum Petri

Cipolla di Fara Filiorum Petri

Conosciuta anche con l’appellativo di “piattona”, la cipolla di Fara ha forma piatta, colore bianco, sapore dolce e aromatico. Nei secoli, è diventata il prodotto identitario di Fara Filiorum Petri, borgo alle porte del Parco Nazionale della Majella, oltre che una risorsa importante per la sua economia.Si narra che già nel 1300, i monaci del vicino convento di Sant’Eufemia coltivavano nei loro orti una cipolla particolare, per forma e sapore. Nel tempo, questa varietà si è adattata perfettamente ai terreni argillosi del posto, tanto che i contadini di Fara erano indicati con l’appellativo di “cipollari”.  AREA DI PRODUZIONETerritorio di Fara Filiorum Petri in provincia di Chieti.         STAGIONALITÀ          Si raccoglie nel periodo estivo, ed è disponibile per il consumo dalla fine di luglio. PROFILO SENSORIALEPiatta, bianca, dalla consistenza croccante e dal sapore dolce ed aromatico. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Secondo diverse fonti storiche, nel 1300, i monaci del convento di Sant’Eufemia si dedicavano, nei loro orti, alla coltivazione della cipolla in questione. La forma schiacciata deriverebbe dall’elevata quantità di acqua di cui necessita, e la violenza del getto avrebbe causato l’appiattimento dell’ortaggio che, di conseguenza, si sarebbe poi sviluppato in larghezza.Con il tempo i semi della cipolla di Fara sono andati persi e soltanto negli ultimi anni i contadini locali sono riusciti a recuperare il seme originario dall’ultimo coltivatore rimasto.La cipolla, storicamente ortaggio importante per l’economia del paese, viene celebrata con un evento dedicato ogni anno, il primo fine settimana di agosto. IN CUCINA/ABBINAMENTILa cipolla viene consumata cruda, nell’insalata, oppure cotta per accompagnare piatti a base di fegatini, o arrostita sulla brace. Inoltre è l’ingrediente principale della cipollata, piatto a base di cipolle cotte per lungo tempo in un tegame di coccio.La cipolla di Fara è anche conservata sottolio. ACCREDITAMENTIPresidio Slow Food. APPROFONDIMENTIFondazione Slow Food.Slow Food Abruzzo. [Crediti | Foto di Associazione Produttori della Cipolla Bianca Piatta di Fara Filiorum

Olive Intosso
Olive Intosso

Olive Intosso

Cultivar autoctona presente soprattutto in provincia di Chieti, trova il suo ambiente ideale nei territori pedemontani a ridosso della Maiella orientale.In passato le olive di Intosso erano utilizzate quasi esclusivamente per produrre olive da mensa con il metodo sivigliano e solo in sottomisura erano oleificate insieme ad altre varietà. Oggi, invece, una parte importante è trasformata in pregiato olio monovarietale. AREA DI PRODUZIONETerritori pedemontani della Maiella orientale, in particolare le Piane tra Guardiagrele, Palombaro e Casoli in provincia di Chieti. PROCESSO PRODUTTIVO/STAGIONALITÀ  Le olive per il consumo da tavola sono raccolte a partire dalla fine di settembre, mentre quelle destinate alla produzione di olio si raccolgono a ottobre inoltrato.La tecnica di lavorazione delle olive da mensa, detta “sistema sivigliano”, prevede la fermentazione lattica: i frutti sono lavati diverse volte e poi posti a fermentare in una soluzione salina per una decina di giorni. PROFILO SENSORIALELe olive hanno frutto di forma ellittica con piccolo umbone (rilievo) apicale, dimensione mediae un peso che oscilla intorno ai 3 – 4 grammi.Le olive trasformate in salamoia al palato risultano sode e carnose, il sapore intenso. L’ extravergine di Intosso ha sentori di erba tagliata e carciofo appena raccolto, in bocca è potente, amaro e piccante con rimandi al pepe verde, alla noce fresca, e a volte in relazione all’annata e alla tecnica estrattiva, alla foglia di pomodoro. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    ll nome “intosso” deriva dal fatto che, per poter essere mangiate, le olive dovevano essere addolcite, ovvero “ndosse, curate nel ranno e poi nell’acqua pura”, come spiegava Gennaro Finamore nel “Vocabolario Abruzzese” del 1880. Le piante di intosso sono diffuse in alcuni comuni della fascia pedemontana della Maiella, ma in particolare caratterizzano il paesaggio agrario del Piano di La Roma, nel Comune di Casoli, un’area con terreni ricchi di ghiaia calcarea. Proprio su questo altopiano di circa 300 ettari che sovrasta il paese, ai piedi della Maiella, la varietà intosso ha trovato il suo habitat ideale.La pianta è di taglia piccola, sopporta bene la neve e il freddo invernale e si è adattata ai pochi centimetri di terreno sciolto che contraddistinguono il pianoro, tanto che sotto i 350 metri di altitudine difficilmente riesce a produrre. IN CUCINA/ABBINAMENTIL’olio evo è perfetto per condire primi piatti, secondi a base di carne, verdure e piatti a base di pesce come le insalate di mare.Le olive da mensa si possono gustare come aperitivo o nel classico antipasto. ACCREDITAMENTIPresidio Slow Food. APPROFONDIMENTIFondazione Slow Food.Slow Food Abruzzo. [Crediti | Foto di Carmelita

Patata di montagna del Medio Sangro
Patata di montagna del Medio Sangro

Patata di montagna del Medio Sangro

Nei borghi di Montenerodomo, Pizzoferrato, Gamberale e Civitaluparella, piccole realtà contadine coltivano questa patata dalla forma tondo ovale regolare, dalla buccia di colore rosso e dalla polpa gialla o bianca. L’alta qualità delle produzioni l’ha resa protagonista indiscussa della gastronomia del territorio e della cucina locale. AREA DI PRODUZIONEMedio Sangro, in particolare i comuni di Montenerodomo, Pizzoferrato, Gamberale e Civitaluparella in provincia di Chieti. STAGIONALITÀ          La semina avviene nei mesi di marzo e aprile (messa in rotazione con cereali e prati su un terreno preparato durante l’estate), la raccolta da agosto fino a ottobre. Le caratteristiche del territorio e la presenza di allevamenti di bestiame, favoriscono l’uso limitato di concimi chimici a favore di una coltivazione estensiva e di una preziosa concimazione naturale. PROFILO SENSORIALELa patata del Medio Sangro ha un alto contenuto di sostanza secca e una grande capacità di conservazione. È piuttosto regolare nella forma che si presenta tondo-ovale. Sono due, oggi, le varietà più conosciute e coltivate: la patata Desiree, che ha buccia rossa e polpa gialla e la Kennebec, con buccia gialla e polpa bianca. Hanno consistenza compatta e una buona sapidità, un elevato contenuto di amido e un discreto apporto di proteine e sali minerali. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    La patata, che dalle Americhe raggiunse i territori montani abruzzesi, diventò un vero e proprio simbolo del Medio Sangro, territorio collinare e montano, che per le sue caratteristiche ambientali e climatiche, è altamente vocato alla coltivazione di questo tubero.Diverse testimonianze ne confermano la presenza dai primi anni dell’800, primo fra tutti il giurista Giuseppe de Thomasis che, in un trattato pubblicato postumo da Benedetto Croce, afferma che il tubero fosse considerato un “pomo cotto (…) derrata insalubre e inutile” e per questo motivo se ne abbandonò la coltura. Il suo successo, avvenuto negli anni seguenti, è dovuto alla sua natura, una pianta adattabile a tutti i terreni e alle diverse condizioni climatiche.Negli anni la patata ha riacquistato il suo ruolo da protagonista nella cucina locale.Oggi la coltura della patata del Medio Sangro viene svolta da piccole realtà a gestione familiare, che lavorano la terra con metodi estensivi, a quote che vanno dagli 800 ai 1400 metri, su terreni favorevoli alla sua coltivazione. IN CUCINA/ABBINAMENTIL’alta qualità delle produzioni l’ha resa protagonista della gastronomia del territorio e della cucina locale: gnocchi, patate lesse o sotto al coppo, polenta bianca e frascarielli.Previa lessatura sono spesso aggiunte all’impasto del pane per allungare la sua conservazione. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. APPROFONDIMENTI [Crediti | Foti di Slow Food

Peperone dolce di Altino
Peperone dolce di Altino

Peperone dolce di Altino

Conosciuto anche con l’appellativo di “a cocce capammonte” per via dei frutti rivolti verso l’alto, il peperone dolce di Altino è di colore rosso intenso, particolarmente aromatico e si contraddistingue per il sapore dolce e deciso. Ha trovato il suo microclima ideale in un’area ben circoscritta che coincide con l’Oasi di Serranella, e i comuni di Altino, Archi, Perano, Roccascalegna, Casoli, Sant’Eusanio del Sangro e Atessa. AREA DI PRODUZIONEComuni di Altino, Archi, Perano, Roccascalegna, Casoli, Sant’Eusanio del Sangro ed Atessa, in provincia di Chieti. PROCESSO PRODUTTIVO/STAGIONALITÀ  Nel mese di luglio, quando i peperoni raggiungono la giusta maturazione, si raccolgono e si infilzano con un ago e dello spago all’altezza del peduncolo, così da creare il “crollo”, una lunga collana.Si lasciano essiccare e, quando non c’è più traccia di umidità, si tostano in forno. I peperoni secchi e tostati vengono successivamente macinati a grana grossa o polverizzati in antichi mortai chiamati “piloni”. La polvere così ottenuta viene utilizzata come condimento nella cucina locale oppure per la preparazione di insaccati come la ventricina del vastese. PROFILO SENSORIALEIl peperone dolce di Altino è di colore rosso intenso, particolarmente aromatico e si caratterizza per il suo sapore dolce e deciso. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    L’origine del peperone dolce di Altino, detto localmente anche paesanello, rimanda probabilmente all’introduzione della paprika dai Balcani da parte di popolazioni slave stabilitesi nella provincia di Chieti nel XV secolo. Da questo potrebbe essersi originata anche l’abitudine di ridurre in polvere il peperone, consuetudine nell’est Europa.A tutela del peperone dolce di Altino è nata un’associazione per promuovere iniziative di valorizzazione del prodotto attraverso manifestazioni, festival itineranti, corsi di formazione, progetti di filiera. Tra gli obiettivi, anche il miglioramento delle fasi di produzione e delle caratteristiche intrinseche del prodotto, per dare nuovo impulso a quella che fino ad un ventennio fa era una delle principali attività economiche del territorio.Un importante appuntamento è quello del Festival del Peperone dolce, evento enogastronomico dedicato che si svolge ogni anno a fine agosto nel centro storico del borgo di Altino. IN CUCINA/ABBINAMENTIIl peperone dolce di Altino è un ingrediente indispensabile per primi piatti, per accompagnare il baccalà e nella preparazione del cif e ciaf e di pizz e foje. I peperoni secchi, dopo la tostatura, sono anche polverizzati e la polvere ottenuta è impiegata nella produzione di salumi come la Ventricina del Vastese. ACCREDITAMENTIPresidio Slow Food. APPROFONDIMENTIPeperone dolce di AltinoFondazione Slow FoodSlow Food Abruzzo [Crediti | Foto di

Pomodoro a pera d'Abruzzo
Pomodoro a pera d’Abruzzo

Pomodoro a pera d’Abruzzo

Coltivato nel comune di Francavilla al Mare e nei paesi limitrofi,  prende il nome dalla sua caratteristica forma, lievemente allungata.Ricco in zuccheri, sali minerali e licopene (potente antiossidante), è facilmente pelabile, quando maturo, poiché ha pochi semi, una caratteristica che lo rende particolarmente adatto alla produzione casalinga di salsa in bottiglia. AREA DI PRODUZIONETutta la regione, in particolare Francavilla al Mare e i comuni limitrofi in provincia di Chieti. STAGIONALITÀ          Le piantine vengono trapiantate tra la fine di marzo e l’inizio di aprile e quando raggiungono la giusta altezza, vengono incannate a mano, cioè fissate a quattro canne di bambù, arrivando anche a due metri; i pomodori maturano dal mese di luglio fino a metà settembre e la raccolta viene effettuata, a mano,  a più riprese durante l’estate. PROFILO SENSORIALEIl Pomodoro a Pera d’Abruzzo, chiamato così per la sua forma “a pera”, lievemente allungata, con costole più o meno pronunciate, può raggiungere i 600 grammi di peso. Presenta un colore rosso intenso e una consistenza media quando è a piena maturazione, è verdognolo nella parte superiore quando non è eccessivamente maturo.Al palato è carnoso, dal gusto dolce e delicato, un perfetto equilibrio tra zuccheri e acidità.Il pomodoro a pera è ricco di licopene, sostanza antiossidante contro i radicali liberi. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Il periodo estivo in Abruzzo è sinonimo di “pomodori fatti in casa”, un rituale per buona parte  delle famiglie, una liturgia legata all’identità da condividere e tramandare; la preparazione della passata casalinga ruota storicamente attorno al pomodoro a pera, uno degli ecotipi più utilizzati in quanto carnoso e povero di semi.Il pomodoro a pera di Francavilla, in particolare, ha retto l’economia locale per secoli, cedendo il passo, intorno alla fine degli anni ’70, a varietà ibride più resistenti; scomparve così dalle tavole, e andarono perse tutte le tracce delle sue caratteristiche genetiche originali.Con un progetto regionale, volto alla ricerca del seme originario non ibridato bensì maturo, si è ottenuto nuovamente il pomodoro originale.Nel 2013, la Pera d’Abruzzo, è stata iscritta nel registro nazionale delle nuove varietà del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali col Codice SIAN 3339.Attraverso selezioni ricorrenti ed incroci intervarietali, si è giunti all’ottenimento di una nuova varietà molto rustica che è stata denominata Saab-Cra (Sapore Antico Abruzzo). IN CUCINA/ABBINAMENTIParticolarmente adatto alla produzione casalinga di salsa in bottiglia, il pomodoro a pera è molto versatile in cucina, si presta per arricchire insalate, per accompagnare verdure e secondi piatti o più semplicemente lo si può apprezzare da solo, magari sul pane. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. APPROFONDIMENTI [Crediti | Foto Slow

Tartufo
Tartufo

Tartufo

Il tartufo, fungo ipogeo a forma di tubero e che vive in simbiosi con le radici di alcune piante, è diffuso su buona parte del territorio regionale. Nel chietino le aree più vocate sono quella del Sangro Aventino, in particolare il territorio di Borrello, e l’Alto Vastese.    Tra le varietà presenti: il bianco pregiato, (Tuber magnatum), lo Scorzone ovvero il tartufo nero estivo (Tuber aestivum), il nero pregiato (Tuber melanosporum Vitt.), il nero uncinato o Scorzone invernale (Tuber uncinatum Chatin) e il bianchetto (Tuber borchii Vitt.). AREA DI PRODUZIONEL’area del Sangro Aventino e dell’Alto e Medio Vastese in provincia di Chieti. STAGIONALITÀIl tartufo bianco Tuber magnatum, è reperibile tra ottobre e fine dicembre, lo scorzone ovvero il tartufo nero estivo (Tuber aestivum)  si raccoglie da maggio a settembre, il nero pregiato (Tuber melanosporum Vitt.) da novembre a marzo, il nero uncinato o scorzone invernale (Tuber uncinatum Chatin), da ottobre a dicembre e il bianchetto (Tuber borchii Vitt.) da gennaio a marzo. PROFILO SENSORIALEL’aroma è inconfondibile, intenso e allo stesso tempo delicato, il sapore è tipico e caratteristico. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    La presenza del tartufo in Abruzzo è attestata sin da tempi antichi, anche se le sue forme di utilizzo e trasformazione si sono consolidate solo negli ultimi 20 anni.La raccolta del tartufo è effettuata con l’aiuto di cani addestrati per la ricerca, ma in passato veniva utilizzata anche la femmina del suino, in quanto più resistente e meno distratta da altri odori lasciati dalla selvaggina rispetto al cane. IN CUCINA/ABBINAMENTIIl tartufo bianco è perfetto da consumare crudo, con le uova, tartare, primi o secondi piatti, mentre il nero si presta soprattutto alla cottura, ma non andrebbero superati i 40°C.Il tartufo è anche trasformato in salse e paté, conservato (in scaglie) sottolio e utilizzato per aromatizzare formaggi, salumi e l’olio extravergine d’oliva. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto di Carmelita