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Conserve dolci

Agrumi della Costa dei Trabocchi
Agrumi della Costa dei Trabocchi

Agrumi della Costa dei Trabocchi

La Costa dei Trabocchi, nel tratto di mare tra Ortona e Vasto, è contraddistinta da un’importante produzione di agrumi. L’arancio è la coltivazione più diffusa con antiche varietà a polpa pigmentata rossa (ideali per la spremuta) e a polpa bionda, dalle quali si ottengono gustose marmellate come quella di cetrangolo (arancio selvatico). I terreni, destinati anche alla coltivazione di mandarini, cedri e limoni, sono spesso in pendio e confinano con il mare. AREA DI PRODUZIONECosta dei Trabocchi, in particolare il tratto di costa che comprende i comuni di Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni e Fossacesia in provincia di Chieti. STAGIONALITÀ  La raccolta degli agrumi è fatta manualmente nel periodo compreso tra dicembre e marzo. PROFILO SENSORIALELe arance della zona sono agrumi a polpa gialla o pigmentata, dolci e amare; una particolare varietà di arancio, il “cetrangolo”, ha frutti profumati e saporiti e si distingue dalle altre varietà per le grandi spine presenti sui rami, per il picciolo alato, l’intenso profumo delle foglie e la grande quantità di semi. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Discendenti da quelle cinesi, le arance arrivarono in Europa grazie ai portoghesi, tanto che nel dialetto abruzzese (portuhalle), così come in altri dialetti, sono denominate “portogallo”.Secondo alcune fonti storiche, l’arancio sarebbe stato importato sulla Costa dei Trabocchi da un gruppo di profughi sefarditi che colonizzarono il territorio, abbandonato dalle popolazioni locali, dopo il terremoto del 1627.Il commercio degli agrumi, e delle arance in particolare, ha rappresentato per secoli una grande risorsa per l’economia locale. Gli agricoltori della zona si occupavano della coltivazione e dell’esportazione delle arance nei mercati italiani ed esteri; a partire dalla metà dell’ 800 fino ai primi anni ’50, l’attuale strada Nazionale Adriatica che da Ortona giunge fino a San Vito Chietino, era contraddistinta dalla presenza di variopinte bancarelle allestite dalle famiglie del posto in cui era possibile acquistare gli agrumi ma anche confetture e i frutti della piccola pesca locale dei trabocchi.Note e apprezzate per la ricchezza dei sapori e l’intensità dei profumi, le arance della Costa dei Trabocchi hanno avuto nel corso degli anni un lento declino. Nel 2008 è nata una associazione per il recupero e la valorizzazione degli agrumi. IN CUCINA/ABBINAMENTIGli agrumi della costa dei trabocchi, oltre che essere consumati freschi o come spremuta, possono essere trasformati in gustose marmellate o impiegati nella pasticceria e norcineria locale, si pensi alla vescica utilizzata per la ventricina del vastese, che viene accuratamente lavata e lasciata deodorare in acqua con buccia d’arancio amaro ovvero centrangolo. ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. APPROFONDIMENTI [Crediti | Foto di Carmelita Cianci –

Fico Secco Reale di Atessa
Fico Secco Reale di Atessa

Fico Secco Reale di Atessa

Il Fico Reale di Atessa ha storia antica che ne attesta la coltura e l’essiccazione sin dall’epoca romana. Conosciuto anche come “caracìne”, è una varietà a polpa bianca e a polpa rossa, dalla forma leggermente sferica, con superficie rugosa, colore verde giallastro chiaro, polpa succosa, profumo intenso e sapore mielato AREA DI PRODUZIONEL’area collinare dei Comuni di Atessa, Torino di Sangro, Archi, Perano e Paglieta, in provincia di Chieti. INGREDIENTIFichi “caracine”, gherigli di noce, alloro. PROCESSO PRODUTTIVO/STAGIONALITÀ  I fichi sono raccolti a mano e lavorati tra agosto e settembre, lasciati essiccare su graticci di canne (i cannizzi), farciti con un gheriglio di noce locale, infornati e quindi conservati, insieme a foglie di alloro, in barattoli di vetro in un luogo asciutto per almeno un mese.Sono commercializzati a partire dal mese di ottobre. PROFILO SENSORIALEHanno forma leggermente sferica, una superficie rugosa, colore verde giallastro chiaro, polpa succosa e carnosa, profumo intenso e sapore mielato. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    I fichi secchi reali di Atessa risalirebbero al I secolo a.C., se ne ha testimonianza nella località di Acquachiara, villaggio dove un tempo convivevano Romani e Sanniti e nello specifico la comunità dei Carricini, una delle quattro tribù che costituivano il popolo dei Sanniti. Da qui l’origine del termine dialettale “caracìne”, riferito al fico locale.Esistono notizie storiche sulla produzione e il commercio dei fichi secchi di Atessa sin dal Medioevo, e successivamente sono citati nel Dizionario geografico-ragionato del 1797 del Regno di Napoli, e nel Nuovo Dizionario di geografia universale, del 1858.Alla storia di Atessa è legata anche la varietà reale stessa. Nel 1819 si scrive: “il fico reale, o di Versailles, è quasi rotondo, bianco. È abbondantissimo, ma non buono se non secco: i terreni asciutti meglio convengono a questo”.In passato i fichi secchi erano utilizzati nella preparazione del torrone, menzionato persino come prodotto tipico di Atessa nei resoconti esteri del Ministero per il commercio dell’impero Asburgico, nel 1914.I fichi “caracìne” hanno svolto un ruolo importante nell’economia locale fino agli anni ’70, poi l’avvento dell’industria in Val di Sangro ha messo in crisi la produzione agricola.Oggi alcune piccole realtà hanno deciso di recuperare la coltivazione del fico reale, si sono riunite in un’associazione e si sono date un disciplinare. Dal 2015 il fico reale di Atessa è un Presidio Slow Food. IN CUCINA/ABBINAMENTIUtilizzati soprattutto nella preparazione di dolci, condimento per carni, pani e biscotti.I “caracìne” sono anche trasformati per realizzare confetture, fichi canditi e torroni. ACCREDITAMENTIPresidio Slow Food. APPROFONDIMENTIFondazione Slow Food.Slow Food Abruzzo.  [Crediti | Foto di Riccardo

Mosto cotto
Mosto cotto

Mosto cotto

Il mosto cotto, conosciuto anche come miele d’uva, è un nettare dolcissimo che si ricava dalla lunga bollitura del mosto d’uva, protratta per diverse ore, a fiamma bassa, in paioli di rame.La sua preparazione fa parte dellasecolare tradizione contadinaabruzzese tramandata di generazione in generazione. AREA DI PRODUZIONETutta la regione. INGREDIENTIUva Montepulciano d’Abruzzo matura, con qualità zuccherina superiore a quella richiesta per la vinificazione ordinaria (23-25% di zuccheri). PROCESSO PRODUTTIVO     L’uva viene pigiata e il mosto fiore che ne deriva viene filtrato, quindi sottoposto a cottura.Dal raggiungimento della fase di ebollizione, il mosto viene lasciato addensare a fuoco lento per circa 3 ore, finché non si riduce a circa un quarto del quantitativo di partenza.Il mosto cotto ottenuto si lascia raffreddare e si imbottiglia per la conservazione, che può durare anche due o tre anni, in quanto garantita dall’elevato tasso zuccherino. PROFILO SENSORIALEIl mosto cotto è denso, di colore violaceo scuro e dolce al palato. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Il mosto cotto, che si prepara durante la vendemmia, ha origini antichissime. Questo nettare d’uva veniva utilizzato già ai tempi dei romani per insaporire diverse pietanze. IN CUCINA/ABBINAMENTIÈ un ingrediente indispensabile per la preparazione di dolci come i “celli pieni” i ”calcionetti” natalizi e le “nevole” di Ortona.In cucina lo si utilizza anche come guarnizione per creme e dolci, per condire l’insalata, le patate lesse, la carne o per accompagnare i formaggi particolarmente stagionati.  ACCREDITAMENTIAssente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto di

Scrucchiata o ragnata

Scrucchiata o ragnata

La scrucchiata è una confettura d’uva tradizionale ottenuta da uve di vitigni autoctoni a bacca rossa, principalmente Montepulciano d’Abruzzo, vendemmiate quando hanno superato lo stato di maturazione ottimale. È un ingrediente irrinunciabile nella preparazione di dolci come i celli pieni e la sfogliatella di Lama dei Peligni. AREA DI PRODUZIONETutta la regione. INGREDIENTIUva Montepulciano d’Abruzzo, mele cotogne, zucchero (facoltativo). PROCESSO PRODUTTIVO     Si lavano i grappoli d’uva e si tolgono, uno ad uno, tutti gli acini dal raspo, escludendo quelli danneggiati. L’operazione richiede un po’ di tempo, una volta terminata, si passa alle mele che, dapprima lavate e tagliate, vengono aggiunte  ai chicchi d’uva.A questo punto si versa il tutto in una grande pentola di rame, lasciando cuocere per circa un’ora. Terminata la cottura, si setaccia il composto per eliminare tutti i semi presenti e lo si lascia bollire per qualche ora (dipende dal quantitativo), mescolando con cura. L’aggiunta dello zucchero è facoltativa. La confettura sarà pronta quando risulterà   di consistenza abbastanza densa e colore intenso e brillante.  PROFILO SENSORIALEContraddistinta dall’aspetto omogeneo, di media consistenza, dal colore violaceo scuro, abbastanza dolce e dal sapore tipico, con un leggero retrogusto amarognolo, a volte leggermente acidulo. ELEMENTI DI CULTURA/STORIA/IDENTITÀ/CURIOSITÀ    Sul territorio regionale è conosciuta con diversi appellativi, come scrucchiata  (in quanto “scrocchia” letteralmente sotto i denti) o ragnata, e la sua preparazione, che è molto lunga e può durare anche un’intera giornata, ha un’antica tradizione casalinga, trasmessa oralmente di generazione in generazione. IN CUCINA/ABBINAMENTILa scrucchiata è un ingrediente impiegato per farcire dolci locali come i “celli pieni”, la sfogliatella di Lama dei Peligni, i “calcionetti”, ma anche semplici crostate. ACCREDITAMENTI Assente. Si raccoglie un’autodichiarazione del titolare su origine e metodi di produzione. [Crediti | Foto di Carmelita Cianci –